LA RELAZIONE TERAPEUTA- PAZIENTE

In un’ottica costruttivista-relazionale assume grande importanza la relazione all’interno del setting della psicoterapia, nel qui ed ora vissuto insieme da terapeuta e paziente.
Ciò che è determinante è l’interazione all’interno della diade, in cui entrano in gioco non solo comportamenti, pensieri ed emozioni del paziente, ma anche i sentimenti del terapeuta, che, anche se non esplicitati e condivisi, possono comunque orientare le sedute in una direzione piuttosto che in un’altra.
All’interno della relazione terapeutica posso essere riprodotti e messi in atto dal paziente schemi patologici che riproduce nella vita di tutti i giorni: obiettivo del terapeuta è quello di portare il paziente ad una consapevolezza dei suoi comportamenti, degli stati cognitivi ed emotivi nel qui ed ora.
Per fare ciò deve utilizzare una modalità il più possibile empatica e muoversi in un assetto il più possibile cooperativo con il paziente; cooperare significa muoversi insieme, su un piano paritetico, per raggiungere un obiettivo comune, avendo in mente che il terapeuta è il maggior esperto del suo lavoro e il paziente è il maggior esperto di sé stesso.
E’ importante avere sempre presente il sistema motivazionale entro cui la relazione si muove, per non rischiare di cadere in una relazione agonistica e di rango, piuttosto che di accudimento eccessiva.
La relazione tra psicoterapeuta e paziente si presenta frequentemente come un vero e proprio legame di attaccamento, nel quale si possono rintracciare alcune delle caratteristiche specifiche di tale relazione, quali la ricerca di vicinanza, la protesta nei confronti della separazione e la ricerca di una base sicura.
Il paziente tenderà quindi ad applicare alla relazione con il terapeuta le memorie, le aspettative e i significati costruiti nella relazione con i genitori.
Compito del terapeuta è quello di rintracciare questi schemi del paziente, aiutarlo a diventare consapevole degli schemi disfunzionali che agiscono nella vita quotidiana e in seduta, in modo da creare una base sicura e non giudicante, che consenta al paziente di procedere nell’esplorazione delle esperienze di vita, con lo scopo di offrire delle esperienze emozionali correttive.
Essere una base sicura significa fornire al paziente un punto fermo da cui esplorare i propri sentimenti, pensieri, aspetti infelici e dolorosi della sua vita con la certezza di essere ben accolto.
I punti chiave della terapia si possono così sintetizzare: attenzione non giudicante, decentramento dalla propria prospettiva, comprensione condivisa ed accettazione.
Il sistema motivazionale cooperativo è quello che più di tutti favorisce l’esercizio della metacognizione, permette cioè di riflettere sui propri pensieri e sulle emozioni che da essi possono generare.
Il fattore curativo è la condivisione dei propri pensieri, delle proprie emozioni e sensazioni corporee con una persona co-empatica.
La condivione appare già efficace e curativa di per sé quando è rivolta al racconto della storia di vita del paziente, ma raggiunge la sua massima efficacia quando terapeuta e paziente vivono insieme lo schema relazionale patologico del paziente, stavolta però illuminato dalla consapevolezza che permette di evitare la ripetizione, almeno non consapevole, di comportamenti che riattiverebbero la sua sofferenza.
L’esperienza di condivisione con il terapeuta permette al paziente di diventare fisicamente, emotivamente e cognitivamente consapevole delle dinamiche relazionali che mette in atto, riconoscendo quanto dipenda da lui più che da altri.
Bibliografia
Bara G. Bruno, il terapeuta relazionale. Tecnica dell’atto terapeutico, Bollati Boringhieri
Liotti G, Monticelli F., Teoria e clinica dell’Alleanza Terapeutica. Una prospettiva cognitivo-evoluzionista, Cortina Editore, Milano