LE EMOZIONI NEI BAMBINI: COME RICONOSCERLE E IMPARARE A GESTIRLE GRAZIE ALLA PRESENZA DEGLI ADULTI
Le emozioni ci riguardano da vicino, sono presenti nella vita di ognuno di noi e soprattutto nella vita di RELAZIONE; proviamo emozioni diverse di fronte agli eventi quotidiani e sono ancora più importanti nella relazione con i bambini, poiché le imparano dagli adulti, imparano a conoscerle, a dargli un nome, a viverle e anche, e soprattutto, a gestirle e tutto questo grazie alle persone a loro vicine.
Innanzitutto, che cosa intendiamo quando parliamo di EMOZIONI?
Le emozioni sono delle attivazioni che ci indicano un cambiamento interno o esterno e che ci permettono di rispondere ad un evento.
Sono funzionali, perchè:
- ci preparano fisicamente ad agire, ci spingono a mettere in atto un determinato comportamento
- comunicano agli altri come ci sentiamo: forniscono a chi ci sta intorno un segnale importante di come stiamo
- comunicano come stiamo a noi stessi: sono infatti segnali che ci avvisano di come stiamo
Nei bambini le prime emozioni che si sviluppano sono appunto quelle definite primarie, che ritroviamo nei primi anni di vita, per poi ampliarsi ed acquisirne sempre di nuove con la crescita.
Queste emozioni sono:
- RABBIA: ci fa percepire un’ingiustizia, un torto subìto da cui sentiamo il bisogno di difenderci e di rivendicare i nostri diritti.
- SORPRESA: sia che si tratti di una sorpresa piacevole che spiacevole ci permette di orientare la nostra attenzione di fronte alle novità
- PAURA: ci permette di riconoscere un pericolo e serve a metterci in salvo.
- DISGUSTO: ci segnala qualcosa da cui stare lontani ed evitare di entrare in contatto con qualcosa che non ci piace.
- FELICITA’: ci fa percepire uno stato di benessere che ci porta ad approciare con fiducia tutte le situazioni che incontriamo.
- TRISTEZZA: ci dà il tempo di ritirarci e di riflettere e di elaborare quanto perduto. Altrimenti non riusciremmo ad elaborare lutti e perdite.
Ma com’è fatta un’emozione e quali parti la compongono?
- EVENTO/SITUAZIONE: Quello che oggettivamente succede (es. Marco viene chiamato per essere interrogato in classe)
- MOTIVAZIONE: Ciò che guida e motiva il suo comportamento (es. Avere successo a scuola)
- ATTIVAZIONE FISICA E CORPOREA: cosa gli sta succedendo? Quali segnali gli sta mandando il suo corpo?... (es. Il cuore inizia a battere forte, gli tremano le gambe,...).
Il NEONATO fa esperienza del mondo attraverso il corpo. Non usa le parole, ma comunica con gli altri attraverso il corpo e lo sguardo.
Le EMOZIONI si accendono in lui in modo spontaneo, non sono pensate/immaginate, non prendono forma attraverso il pensiero, ma PRENDONO VITA nel corpo, sulla pelle; il bambino entra infatti in relazione con l’altro attraverso il contatto (l’abbraccio, lo sguardo, il sorriso, le carezze,..)
Le emozioni sono inizialmente STATI di ATTIVAZIONE del corpo in relazione a stimoli interni e esterni, il nostro corpo si attiva in risposta a stimoli interni o esterni, cioè comincia a manifestare tutte quelle reazioni corporee.
Solo grazie allo sguardo dell’adulto che riconosce e rispecchia quegli stati, cioè che dà SIGNIFICATO e una giusta risposta alla sensazione di disagio, questi si differenziano nelle diverse emozioni. - VALUTAZIONE COGNITIVA: il suo pensiero, il significato che dà a quell’evento, che è strettamente soggettivo (es. perchè mi sta succedendo questo? Perché non mi sento sicuro)
- RICONOSCIMENTO: dà un nome a ciò che gli sta succedendo (sono in ansia, sono preoccupato,...)
- COMPORTAMENTO: quello che si fa e l’azione che viene messa in atto (es. Marco si blocca e non riesce a rispondere)
Dopo aver visto come entrare in relazione con i nostri figli, come possono i genitori accogliere le emozioni dei figli e aiutarli nella regolazione?
Provate a pensare a quale sentite essere l’emozione che sta sperimentando di più vostro/a figlio/a e guardiamo insieme quali sono i passaggi per aiutarlo/a quindi a gestirla…
In che modo gli adulti possono aiutare i figli a regolare le emozioni?
- Innanzitutto, come risposta ad eventi interni o esterni, il bambino inizia a sperimentare un disagio che non sa gestire, cioè comincia ad attivarsi dentro di lui una sensazione corporea che rappresenta un segnale; non sa gestirlo, perché non ha ancora acquisito le competenze necessarie, che arriveranno grazie alla relazione con l’adulto: relazione che sia continuativa nel tempo dove il bambino sperimenta una certa ripetitività. La esprime all’adulto utilizzando la modalità di comunicazione che ha imparato: se è un bambino molto piccolo per esempio sarà il pianto.
- L’adulto coglie e riconosce il segnale come fonte di disagio, aiuta il bambino a dare un nome a quel disagio e valida ciò che sta provando, per esempio con frasi del tipo "mi sembra proprio che tu sia arrabbiato, triste, oppure che tu sia preoccupato, è così?"
- L'adulto accoglie e legittima il vissuto del bambino (es. “Capisco che tu sia preoccupato, ti va di parlarne?” “Hai voglia che parliamo di questo?” “Mi dispiace che tu ti senta così, è proprio difficile questa situazione eh?”
- Regolazione/gestione: “Cosa ti potrebbe essere utile in questo momento? Una coccola in più prima di andare a dormire? Una lettura? Troviamo insieme un modo per sfogarci?”
Dopo la scelta della risposta, basata sul significato che ha dato a quel segnale, l’adulto mette in atto la risposta più adatta secondo lui per rispondere al bisogno del bambino.