PROCRASTINARE: L’ABITUDINE DI RIMANDARE

Chi di noi non ha mai procrastinato? Moltissime persone quando si ritrovano a preparare un esame, svolgere un lavoro o un compito, rimandano, perdono tempo, si dedicano ad altro, arrivando spesso in ritardo alla consegna. È un comportamento che può essere perpetrato saltuariamente, ma diventa invalidante e disfunzionale quando costituisce il modo principale con cui si affrontano i compiti. Da diversi studi la prevalenza di questo comportamento nella popolazione generale risulta superiore al 20-25% e questo valore è anche superiore quando viene rilevato nelle popolazioni studentesche: fra gli studenti il 70%, si definisce un procrastinatore e questo comportamento diventa frequente e porta a delle conseguenze negative per il 50% di essi.
Definizione di procrastinazione
Bisogna distinguere la procrastinazione dal semplice “rimandare le attività” che ha conseguenze positive, come interrompere un lavoro per riposare o svagarsi, che alcuni definiscono come una “procrastinazione positiva”.
Nel prendere in considerazione, invece, l’atto di procrastinare come un’abitudine esclusivamente disadattiva sono stati proposti i seguenti criteri nella sua definizione:
- Un’attività è rimandata
- È propria intenzione completare tale attività
- L’attività è necessaria o di importanza personale elevata
- Rimandare l’attività è una propria decisione e non imposta da altre cause
- Rimandare risulta irrazionale e non necessario
- Si decide di rimandare nonostante si sia coscienti delle potenziali conseguenze negative
- Rimandare è accompagnato da una sensazione di disagio soggettivo o altre conseguenze negative
Quindi per essere considerato un comportamento disadattivo è indispensabile che ci siano conseguenze negative sia interne che esterne.
Conseguenze interne ed esterne
Procrastinare porta un gran numero di conseguenze negative. Nonostante dall’esterno le persone che procrastinano possano risultare tutto sommato funzionanti e serene, provano uno stato di forte disagio, che può andare dalla rabbia verso se stessi, alla vergogna, alla paura delle conseguenze. Anche quando si impegnano in attività piacevoli hanno in mente l’attività che stanno rimandando e la sofferenza resta elevata. L’autostima inoltre viene fortemente colpita dato che tendono a sentirsi sbagliati per non aver svolto il lavoro o per aver mentito a riguardo per evitare eventuali punizioni.
Per quanto riguarda le conseguenze esterne i procrastinatori hanno un minor rendimento in media. Nonostante spesso riescano comunque a completare il lavoro “riducendosi all’ultimo momento”, a volte non è così e possono andare incontro a conseguenze più o meno gravi, dalla semplice ammonizione alla perdita del lavoro.
Circolo della procrastinazione
Ma cosa succede quando una persona procrastina? Nonostante le persone possano mettere in atto questo comportamento in modo diverso tra di loro, può essere tracciato un circolo di azioni che si ripete e che può dare una buona rappresentazione dell’esperienza.
In un primo momento il procrastinatore può approcciarsi al compito da svolgere con la speranza che, memore dai disagi avuti in passato procrastinando, questa volta inizierà presto e che la voglia di iniziare si presenterà spontaneamente senza forzarsi.
Ciò non avviene e presto la fiducia cede il posto all’ansia e si inizia a sentire la pressione di doversi forzare ad iniziare nonostante la “deadline” sia ancora lontana.
A questo punto il procrastinatore inizia a ruminare mentalmente sul tempo che ha perso e sulle conseguenze che seguiranno se non porterà a termine il lavoro in tempo. Inizia a svolgere altri compiti che non c’entrano con l’attività evitata, come pulire casa o riordinare, cose che magari prima erano state evitate a lungo. Spesso cerca di autoconsolarsi impegnandosi in attività piacevoli e svaghi, una distrazione che dura poco, però, perché l’ansia e il senso di colpa per il compito evitato rimane in sottofondo e continua a crescere. Cresce in contemporanea anche un senso di vergogna che porta il procrastinatore a inventarsi scuse per il ritardo dello svolgimento del compito.
Nonostante i pensieri autocritici e il forte stato d’ansia prodotto dalla procrastinazione la convinzione di avere ancora tempo per lo svolgimento del compito permette di avere ancora la speranza che qualcosa cambi.
A questo punto ci sono due finali distinti:
- Il procrastinatore decide che non può più reggere questo stato di tensione e decide di non svolgere il compito inventandosi poi delle scuse a riguardo. Può sorgere l’idea che a quel punto non ci sia più tempo e che sia quindi inutile preoccuparsene. La pressione viene meno e lascia spazio alla rassegnazione.
- Il procrastinatore sente una tensione talmente alta che non riesce a reggere e inizia, così, a svolgere effettivamente il compito. A quel punto mentre ci lavora può addirittura accorgersi che il lavoro non è così terribile e si chiede perché non ha iniziato prima. Il lavoro spesso viene svolto in maniera poco accurata e veloce a causa della mancanza di tempo.
In entrambi i casi, che il compito venga svolto oppure no, il procrastinatore si ripromette di non farlo più in futuro, proposito che viene disilluso quando viene assegnato un nuovo lavoro da svolgere e il circolo illustrato ricomincia.
Cause della procrastinazione
Il procrastinare è un modo di fronteggiare i compiti che vengono di volta in volta richiesti e ha diverse cause sottostanti.
Uno dei principali fattori è il perfezionismo. Per quanto possa sembrare contro-intuitivo spesso sono i perfezionisti che procrastinano. Infatti le richieste che si impongono e i loro standard sono così alti che rimangono sopraffatti e finiscono per evitare di svolgere determinati compiti. Molti perfezionisti hanno la credenza che se non è possibile svolgere alla perfezione un’attività non vale la pena nemmeno di iniziarla. Per queste persone il proprio valore e la propria intelligenza dipendono esclusivamente dalla prestazione, quindi quest’ultima assume un ruolo fondamentale. Procrastinare in questo caso può salvare l’autostima dato che va a rappresentare una possibile scusa per non aver svolto il lavoro alla perfezione. Se una persona prepara un esame studiando tutto l’ultimo giorno ha una spiegazione per il fatto di non aver preso il massimo dei voti senza mettere in dubbio la propria capacità direttamente.
Un’altra causa della procrastinazione è la paura del successo. Alcune persone infatti procrastinando vogliono allontanare la possibilità di essere sotto i riflettori e di coinvolgersi realmente nell’attività. Nel successo vedono un ascensore dove dopo un obbiettivo bisogna raggiungerne un altro in una salita che sembra infinita. Ci può essere la paura che impegnarsi possa condurre a spendere eccessivo tempo nel lavoro e non avere tempo per altro.
La paura del successo può inoltre derivare dalla credenza che questo possa ferire gli altri. Quando una persona vince infatti, molti altri perdono e questo può portare a provare senso di colpa. Una donna per esempio che ottiene una promozione a lavoro può temere di ferire l’orgoglio del marito che guadagna invece meno. Procrastinare in questo caso è un mezzo per evitare che altri soffrano.
Il successo inoltre può essere visto da alcuni anche come motivo di rabbia e invidia da parte degli altri. Quindi procrastinare può essere un modo di proteggersi da una reazione negativa del prossimo.
Terapia per la procrastinazione
Come già illustrato ci sono diverse cause che portano le persone a procrastinare e questa più che un focus specifico di intervento costituisce la punta dell’iceberg di difficoltà sottostanti. Una terapia per essere efficace dovrebbe focalizzarsi su questi fattori sottostanti. In una metanalisi del 2018 che ha preso in considerazione 24 studi, confrontando più interventi di diversi approcci è emerso che tutti producevano una riduzione della procrastinazione. La terapia cognitivo comportamentale aveva comunque ottenuto una riduzione più consistente, quindi potrebbe essere una delle più indicate per trattare questo comportamento.
Bibliografia
Burka, J., & Yuen, L. M. (2007). Procrastination: Why you do it, what to do about it now. Hachette UK.
Klingsieck, K. B. (2013). Procrastination. European psychologist.
Van Eerde, W., & Klingsieck, K. B. (2018). Overcoming procrastination? A meta-analysis of intervention studies. Educational Research Review, 25, 73-85.