L'uso dell'immaginazione in psicoterapia
Con l’immaginazione è possibile riprodurre un contenuto con tutti i nostri sensi, in assenza di stimoli diretti esterni. Nell’immaginazione assume un ruolo di primo piano la memoria autobiografica (Van der Wijngaart; 2022), gli elementi che riaffiorano nell’atto di immaginare mettono in campo due funzioni della nostra mente simultaneamente: la memoria e l’attività immaginativa. È pur vero che quest’ultima non riguarda solo esperienze avvenute nel passato, poiché l’immaginazione può anche estendersi al futuro, ad esempio quando fantastichiamo su un desiderio da realizzare. Nell’attività immaginativa è possibile includere: il fantasticare, il sognare a occhi aperti, gli incubi notturni (Van der Wijngaart; 2022, 2) o anche i flashback delle persone che rivivono un evento traumatico.
L’immaginazione può esplicarsi come una ricostruzione fedele di un evento reale, oppure come un’esperienza ipotetica oppure come una miscela tra le prime due possibilità (Martin e Williams; 1990).
Lang attraverso la sua teoria bio-informativa (1987) aveva ipotizzato che l’immaginazione gioca un ruolo importante e decisivo nell’elaborazione delle emozioni.
Holmes e Mathews (2010) descrivono tre ipotesi che spiegherebbero l’associazione tra immaginazione ed emozioni:
- L’immaginazione attiva quelle aree sottocorticali che sono coinvolte nell’elaborazione delle emozioni (ad esempio l’amigdala).
- Quando una persona immagina un evento emotivamente carico, attiva nel suo cervello le medesime aree che sono state coinvolte nell’esperienza dell’evento (Holmes, 2010).
- Le immagini visualizzate hanno origine da elementi che provengono dalla propria memoria autobiografica ed emotiva.
L’immaginazione sembra giocare un ruolo importante in diverse forme di psicopatologia (Van der Wijgaart, 2022, 6). La presenza di immagini intrusive è riscontrabile in diversi disturbi psicologici. Nel disturbo da stress post traumatico le persone rivivono immagini intrusive non elaborate e integrate; nel disturbo ossessivo compulsivo le persone si prefigurano un rischio o un pericolo immaginato da scongiurare, o immagini intrusive alla luce delle quali provano angoscia. Anche nei disturbi d’ansia le immagini dei pericoli supposti, da evitare, avvengono a livello immaginativo. Infine nella depressione l’immaginazione è collegata al senso di fallimento e all’impotenza provata all’idea di non poter uscire dalla propria condizione. In diversi disturbi psicopatologici, oltre a quelli sopracitati, l’immaginazione riveste una quota di importanza; ed è riconducibile perlopiù a immagini disturbanti e sgradevoli.
Attraverso l’uso dell’immaginazione in psicoterapia è possibile ri-scrivere l’evento, donandogli un nuovo significato, ristrutturando quindi la memoria di quell’esperienza, consentendo alla persona di ricordare quella rappresentazione con un nuovo significato o con minor intensità emotiva.
La storia dell’impiego dell’immaginazione in psicoterapia ha delle radici già nei secoli scorsi. Pierre Janet invitava il paziente a descrivere i propri ricordi attraverso un’immaginazione da lui guidata (1889). Vittorio Guidano (1991) utilizzava la moviola, un modo osservativo di guidare il paziente nell’esplorazione di un evento o un ricordo nucleare, scomponendolo in scene, per ripercorrerlo insieme attraverso la narrativa dell’evento passato da parte del paziente e l’integrazione con l’esperienza attuale e sincronica che fa di sé stesso, accedendo a tali ricordi. Il paziente ripercorre in panoramica l’intera successione di scene, andando avanti e indietro al rallentatore, pian piano arricchendola di particolari (Guidano; 1992, 100).
L’uso della narrazione del sogno rappresenta un’altro strumento utilizzato in psicoterapia, per lavorare sulle immagini e per individuare i significati che descrivono il funzionamento della persona e la visione che ha costruito di sé, delle relazioni e del mondo (Rezzonico e Liccione; 2004).
Infine c’è l’Imagery rescripting (immaginazione con ri-scrittura) il cui interesse scientifico è cresciuto negli ultimi anni, e che è attualmente impiegata nella terapia denominata Schema Therapy (Young et al. 2003). L’imagery rescripting è una tecnica terapeutica che consente di recuperare un evento doloroso o traumatico dalla memoria e attraverso l’impiego guidato dell’immaginazione, si modifica l’attivazione e l’impatto di quel ricordo, orientandolo a un esito differente o più favorevole per la persona (Van der Wijgaart; 2022, 7).
Attraverso l’Imagery rescripting la persona può: elaborare immagini negative, integrare ricordi traumatici, riaccedere a ricordi significativi non necessariamente negativi, scoprire nuove rappresentazioni relative a sé e alle sue relazioni, attribuire nuovi significati alla sua esperienza.
Dott.ssa Laura D’Emilio
Psicologa e psicoterapeuta in formazione ad approccio cognitivo costruttivista.
Per saperne di più:
Remco van der Wijgaart “L’imagery rescripting. Teoria e pratica”; Giovanni Fioriti Editore (2022)
Vittorio F. Guidano “Il sé nel suo divenire. Verso una terapia cognitiva post razionalista”; Bollati Boringhieri (1992)
Pierre Janet “L’automatismo psicologico. Saggio di psicologia sperimentale sulle forme inferiori dell’attività umana”; Raffaello Cortina Editore (2013)
Giorgio Rezzonico, Davide Liccione (a cura di) “Sogni e psicoterapia. L’uso del materiale onirico in psicoterapia cognitiva” ; Bollati Boringhieri (2004)